Tag Archives: viaggi o cose simili

No, fermi tutti. Quella cattiva, sono io

No, fermi tutti. Quella cattiva, sono io
Alternative per trascorrere una buona Domenica:
- stare tutto il giorno sotto al piumone a farsi passare il mal di testa
- oragnizzare un partitone a Risiko
- prendere il primo treno che passa, per una gita fuori porta

…si potrebbe trattare di bisogno d’amore
meglio non dire…

Troppi vetri da baciare, che vada, che vada, che vada giù l’alcool a prendere il posto delle parole. E tornino a galla tutte, le mie parole abbandonate. Tutte qui sulle mie labbra, a farsi coccolare prima di cadere nel prossimo bicchiere.

…prima o poi
poteva accadere, sai
si puo scivolare se cosi si puo dire
questioni di cuore…

Una ragazza corre fuori dal locale, risponde al telefono mettendosi sotto alla pioggia, il naso all’insù, sorride. Cammina in mezzo alla strada, salta nelle pozzanghere che rilfettono le luci colorate dei locali. Non si capisce se in quei lunghi silenzi stia ascoltando altre parole o altri silenzi. Però sorride. Occhi tristi.

…le mani le sue
e poi un’altra volta noi due
vorrei per amore o per ridere
dipende da me…

E’ vero che il jat-lag si manifesta solo dopo viaggi in cui si percorre una grande distanza. Non lo so dove mi avessero portato i miei sogni, ma, al solito, il viaggio del ritorno è sempre un poco più stancante. E’ bello però trovare il segno del passaggio di chi, dolcemente da lontano, si preoccupa che tu stia dormendo bene. Che tu stia dormendo tranquilla. Che tu stia dormendo.  Che tu.

Tuttoci(s)ttà

Tuttoci(s)ttà
- Sì, ecco: allora prendi la circonvalla, esci in via X e vai dritto. Sempre dritto. Ancora un po’. Ok, al prossimo semaforo ti tieni sulla sinistra, segui la strada, supera l’albergo… ancora dritto per un po’. Quando la strada diventa a senso unico fai il giro dell’isolato: destra, sinistra, passi davanti alla cascina gialla, sinistra, la piazzetta con il bar e la pizzeria, ora dritto e quando vedi la Madonna posteggia: sei arrivato.

Non che abiti così lontano, ma quella cosa della Madonna è vera. E’ un mosaico sul muro della mia casa.
Poi, è ovvio, se vieni da Segrate durante il viaggio potresti avere anche visioni mistiche.

Silenziosamente

Silenziosamente

Silenziosamente crescono i grandi alberi, e allungano le loro ombre sulle culle  dei funghi.
Il sasso bianco è muto, mi ci sdraio sopra e divento un tutt’ uno con la sua immobile maestà.
I miei passi spengono il fruscio del bosco: anche il vento per rispetto si acquieta quando mi passa accanto.

Che colore ha il silenzio?
Negli anni ho imparato a memoria i cambiamenti di quel cielo.
Ho contato mille volte le mille tonalità di giallo degli steli del prato.
Dove il buio è più fitto, le stelle hanno diverse sfumature. Prometto di guardarle tutte, e di distinguerle per potertene portare un’immagine abbastanza vera.

Silenziosamente chiudo un’altra valigia.
Ti mando un bacio di nulla, che attraversi la distanza dei chilometri e quella del sonno che ti allontanano da me con cattiveria.
Silenziosamente, con gli occhi tristi di un’attrice di film muto e gli stessi gesti esasperati mi preparo ad un’altra partenza.

Porto tante parole con me:
da leggere e da scrivere, più tutte quelle che non potendo ti vorrò dire.

Tutte parole immaginate o disegnate, silenziose.
Perchè questa volta non ci sarà nemmeno la musica a farmi forza.
E non ci sarai tu, che sei la mia musica e la mia forza.

E allora cercherò, silenziosamente, il punto della montagna dove la ferita è più fresca e fa più male.
E farò un silenzio così grande, che si moltiplicherà per mille e mille volte, rifangendosi nello stupido meccanismo a specchi dell’eco, e potentissimo ingoierà tutto, e ogni idea prenderà forma impastata di silenzio.
E fino a che non sarò sulla strada del ritorno, nessuno sentirà nulla, all’infuori del grande silenzio.
E sarà un silenzio denso e compatto, che nessuno ha ancora mai sentito, nemmeno la montagna con il suo eterno sasso bianco e i suoi alberi guardiani.
Un silenzio perfetto, in cui si spegne anche il suono dei pensieri.
In cui possa cullare in pace il ricordo della tua voce.

Scendo dalla macchina. Aria fresca sul collo, sui capelli, lungo le braccia. Infilo la felpina e chiudo gli occhi.
Finalmente sono tornata.
Bella la stazione, bianca, belli i palazzi liberty, bianchi, belli i balconi, i portoni, i muri con le loro scritte: nel blu scuro della serata, i lampioni gialli appena accesi, l’intermittenza verde della croce dalla farmacia, l’asfalto grigio chiaro, grigio scuro, nero, a toppe per i lavori recenti. I fanali delle auto. La punta rossa della mia sigaretta.

Mi è mancata Milano. La sua bellezza lenta. Non come quelle città puttane che in 5 giorni ti danno tutto e ti lasciano una cartolina in ricordo. Mi sono mancati i suoi colori senza trucco, i suoi odori, la sua carezza continua, la sua accoglienza discreta. I luoghi, non tanto. La combinazione di asfalto, pavè e rotaie. Gli scorci inattesi, i cantieri aperti. Il gioco dell’aria nelle strade. I suoi rumori.

- Bentornata, Puella
- Ciao, Milano

Vincenzo dice che sei fredda, frenetica e senza pietà
ma è cretino e poi vive a Roma e che ne sa

- Noialtri a Viareggio s’ha ‘l mare, bellissimo
- Noi a Roma c’avemo tutto, e pure de ppiù
- Noi a Potenza non teniamo niente, però la gente…
- Noi a Bergamo ci conosciamo tutti
- Ma voi, a Milano, come fate? con quel freddo…
- Ma voi, a Milano, come fate? con quel traffico…
- Ma voi, a Milano, come fate? con  quel grigio…
- Ma voi, a Milano, come fate?
- Infatti… è per questo che noi a Milano pensiamo solo a lavorare, non ci salutiamo e l’unica arte che abbiamo sviluppato è quella dell’aperitivo
- Poi, voi milanesi proprio non avete il senso dell’umorismo

Ecco, appunto.

Oh Milano, fa di me quello che vuoi

Parigini

Parigini

Tutti mi dicevano: "Eh, i parigini… vedrai! Faranno finta di non capire quando gli parli, se non hai una perfetta pronuncia francese…" Beh, io il francese non l’ho mai studiato, quindi contavo di parlare in inglese ma "vedrai, a Parigi nessuno lo parla l’inglese, se chiedi qualcosa in inglese ti rispondono lo stesso in francese…".

Preoccupata e rassegnata, decisa più che mai ad arrangiarmi con quel poco che ho a mia disposizione, sul TGV faccio il ripasso di tutto il francese che so: le canzoni di "Notre-Dame" di Cocciante, qualche lied di Poulenc, il libro della Petite Taupe – la triste storia di una povera talpa che voleva sapere chi fosse stato a farle la cacchina sulla testa.
Allora, o in una vita precedente ero una fioraia parigina e ho reminiscenze della lingua e della sua perfetta inflessione, o effettivamente il dialetto milanese è una chiave che apre tutte le porte perchè, nonostante tutto, a quanto pare, io e i parigini ci capiamo benissimo, e corre anche  una certa simpatia reciproca.