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Questo post è per La Flauta

Questo post è per La Flauta
Visto che mi chiama per nome, ed io rispondo.
Visto che solo lei mi può capire se dico che oramai odio nel profondo la Garota de Ipanema.
Visto che in questo modo rassicuro una pletora di persone sul fatto che io sia ancora viva: che vi basti, non serve adesso chiamarmi o mandarmi messaggi.

Perchè a quanto pare ogni volta che scrivo, c’è una pletora di persone si sentono chiamate in causa. E non è il caso se si pensa che sono per lo più persone che hanno deciso di migliorare la propria vita estromettendo la mia presenza, e che più o meno faticosamente ho cercato di assecondare la loro saggia scelta.

Quindi, questo post è per La Flauta, che mi chiama per nome e non ha altro da leggerci se non ciò he scrivo.

A te che avevi un gatto
indifferente il giorno
che son venuto a dirti
 "domani non ritorno"
A te che immaginavi
ad ogni mia parola
la vita di mia moglie
che forse è sola

Ma un gatto non è mai indifferente, solo lo sembra. Ed anche una moglie, dici bene, che forse è sola…

A te che gli anni e gli occhi
si mentono ogni sera
anche se negli specchi
la vita è dura.

E’ due anni che mi sono fissata di dover scendere a patti con il fatto di avere trentanni, che oggi quando ho realizzato di averne ancora solo ventotto mi è venuto da ridere forte.

A te che mi hai ascoltato
cercando di capire
uno che parla al buio
e non sa cosa dire,

A te che mi hai truccato
il mazzo delle carte
perchè vincessi ancora
da qualche parte.

Grazie comunque, per avermi insegnato le regole, per avermi lasciato vincere, per aver barato al posto mio salvandomi la coscienza. Ora però non gioco più.

A te con i tuoi "forse"
e la tua Valentina
che in fondo è solo il nome
di una bambina

Chiamatemi per nome, se volete che riponda. Infondo, è solo il nome di una bambina. Che non ha mai avuto voglia di travestirsi da altro. Qui di fianco, nella colonna a sinistra, il lungo elenco di appellaivi a cui rispondo.

A te che non c’è un solo uomo
a cui non hai creduto,
amando il suo dolore anche
se si era addormentato,

Ecco, questa è la strofa che preferisco. Perchè io tutti narcolettici li trovo eh…

A te che nascondevi
ridendo la paura
che fosse solamente
un’avventura;

Questa invece è proprio adeguata alla non-relzione con il Sommo Narcolettico (ciao Ale!): ho ancora di traverso il dragonroll ingollato nell’angolo feng-shui dell’amore. Pardon, dell’ amicizia plus. E no, il fatto che ti abbia chiamato per nome non significa che tu sia riabilitato.

A te che mi dicevi
Sai che ho scopato ieri?
per non farmi capire
che ero nei tuoi pensieri

Purtroppo, ho la pessima abitudine di dare alle parole il loro significato.
Flauta, capita anche a te? Quando uno ti dice una cosa, o meglio, te la manda a dire, e tu ti fermi al registrare il mero dato, magari rallegrandotene pure, senza approfondire, scombinandogli così le sue aspettative di reazione a catena che avrebbe dovuto ricatapultarti tra le sue braccia?

A te che mi hai contato
i passi sulle scale
e viene sempre il giorno
che non si sale:

A te nemmeno un sogno
nemmeno un’emozione
A te non ho lasciato
che una brutta canzone

La Garota de Ipanema, appunto.

Come Bilitis

Come Bilitis

Mi sono svegliata da quel lungo sogno, e i miei capelli erano ancora intrecciati alle tue dita.
Mi sono svegliata con una canzone sulle labbra, e la canzone erano le tue labbra.
E nel sogno i miei capelli tra le tue dita erano come l’edera intrecciata ai rami del nocciolo, e le nostre radici insieme come un abbraccio che confonde i pensieri e i sospiri.
E nel sogno le tue labbra sulle mie erano uguali alle tue labbra vere, che sanno dire solo il vero, e i nostri respiri da bocca a bocca formavano una canzone suonata al flauto.
E con in mente questa canzone mi sono svegliata dal mio sogno, e la canzone era il tuo respiro, che era il mio pensiero, che sono le tua labbra, e qui sei tu, che sei il mio sogno.

Dream a little dream (of me, of course)

Dream a little dream (of me, of course)

Stars shining bright above you
Night breezes seem to whisper "I love you"
Birds singing in the sycamore tree
Dream a little dream of me

La conosco bene quella sensazione di promessa non mantenuta. Di quando ci si sente dalla parte del debitore. Per questo tendo a non fare promesse, o dichiarazioni d’intenti. Altri ne hanno fatte troppe per me, e non poterle compiere mi dà quella sensazione di avere un bruco che cammina avanti e indietro vicino allo stomaco, solletico e nausea e grande dispiacere. Quanto vorrei chiedere scusa al mondo, e trovare delle giustificazioni.
Mi dispiace, non ero io. Erano le mie mani a fare promesse, e io non le so mantenere. Chiedete a loro.
Mi dispiace così tanto, ma erano le situazioni a parlare, non ero io.
Ma non c’è giustificazione che tenga, perchè io resto comunque in credito verso quelle mani e quegli sguardi protesi, verso quelle aspettative che non ho cercato.
Vorrei avere promesse mie da mantenere, per una volta, liberandomi, per una volta, dal peso lieve e costante di essere una promessa non mantenuta. Per una volta sola.

Say nighty-night and kiss me
Just hold me tight and tell me you’ll miss me
While I’m alone and blue as can be
Dream a little dream of me

Tutto vero. Tranne la parete in cartongesso. Tranne quell’enorme bottiglia di latte sulla scrivania di cui mi chiedi conto. Ma quando dici "Si sta benissimo, si sta così bene che vorrei starci dietro a questa cosa" ti rispondo solo "Si sta così bene che vorrei fossi sveglio nel dirmi le stesse parole". Roma, Londra, Cannes. Io resto qui, a mancarti, e farmi mancare te. Mi basta sapere che in un foreseeable future tu tornerai non solo qui, ma anche a me. E’ una promessa piccola. Ce la facciamo?

Stars fading but I linger on dear
Still craving your kiss
I’m longing to linger till dawn dear
Just saying this

L’occasione perduta che non torna più. Il tempo sprecato. La rincorsa a ritroso nel farsi delle colpe. Ma a ben vedere hic et nunc siamo in tempo per recuperare questo. Per recuperarlo prima che sia domani e sia parte di una contemplazione postuma. Non lascerò che si vada a sommare a quel fardello di esperienza che si fa sempre più ingombrante e sempre meno gestibile. E’ il mio modo razionale ed ottimista di affrontare almeno il foreseeable future. E’ una promessa piccola. Ce la faccio. Nel senso che sì, ci riesco. Ma anche nel senso che è una promessa piccola, e la faccio a noi.

Sweet dreams till sunbeams find you
Sweet dreams that leave all worries behind you
But in your dreams whatever they be
Dream a little dream of me

Presunzione è…

Presunzione è…

veder portare un bellissimo mazzo di gerbere e girasoli, compiacersi della bravura del mittente nell’ indovinare il mio gusto, e fare una smorfia di disappunto quando il fattorino passa oltre e anzichè venire a consegnarli al pianoforte si dirige verso l’ascensore. Pensando che abbia sbagliato direzione, e solo in un secondo momento realizzare che *forse*  non erano per me.

Guido

Guido
Guido ha cinque anni. Le dita piccine e morbide. Gli occhi grandi. Guido quando mi vede mi abbraccia, è un orsachiotto, e poi inizia a parlare. Dell’asilo, della maestra, della mamma. Io lo riporto sulle note, sulla diteggiatura, sui ritmi. Ma lui scappa ancora e fa domande.

- Tu hai un bambino?
- No Guido
- E perchè no?
- …vediamo… perchè io ho già i bambini come te, che vengono a suonare
- No, ma io dico, perchè non hai un bambino tuo? Come la mia mamma?
- Eh, ma io non sono una mamma
- E allora cosa sei? Sei una bambina?
- Sì, sono una bambina grande
- Però sei bella come la mia mamma
- Grazie Guido, che complimento bellissimo
- Sì però poi quando diventi più grande e non sei più una bambina grande e diventi una mamma…
- Dimmi…
- Però poi io posso lo stesso venire a fare pianoforte?

Guido ha cinque anni. E io non so mai cosa rispondergli, allora lo riporto sulle note, sui ritmi, sui tasti.

Lo dico con parole mie

Lo dico con parole mie

And then one day you find ten years have got behind you
No one told you when to run, you missed the starting gun

un indirizzo sul comò d’un posto d’oltremare
che è lontano solo prima d’arrivare

Like a lazy ocean hugs the shore
Hold me close, sway me more

il triangolo no, non l’avevo considerato

ma c’ho l’alibi a quell’ora sono quasi sempre via

Am I too dirty?
Am I too flirty?
Do I like what you like?


I know the things you wanted
They’re not what you have

Don’ t let the sun blast your shadow
Don’ t let the milk float ride your mind
You’ re so natural religiously unkind

and so you think you can tell

Dove vai, con chi ce l’hai? Butta la’, vieni qua,
chi la prende e chi la da! Dove sei, dove stai?
Fatti sempre i fatti tuoi!

I miei amici, o amici miei

I miei amici, o amici miei

A distanza di meno di 15 secondi l’una dall’altra due persone distanti tra loro circa 280 km spediscono ad una terza persona il medesimo video musicale.

Coincidenze?
Trame del destino?
E’ il mio Karma che mi parla?
Sì, dico il "mio" Karma perchè ovviamente la destinataria del serendipitico messaggio ero io.

Valutate voi, il video era questo

Momenti di Pianobar (sì, ma a 5 stelle)

Momenti di Pianobar (sì, ma a 5 stelle)
Ti abbandoni, liberi le mani, non ti piace stare sveglio
meglio di così non saremo mai


Dovrei controllare se esiste in italiano il verbo infolarmarsi, o se si usa solo a casa mia.
Ma è troppo tardi. Nel senso che è notte fonda, che gli occhi mi si chiudono e che oramai l’ho scritto.
Vado avanti.
Arrivata ad un punto di noia tale da dimenticarmi completamente dalla situazione, mi sono  infolarmata tutta. Mettiamola così, mi sono fomentata. Si capisce meglio?
Tasto bianco tasto nero, nota bianca nota nera. Sentivo che mi scappava da ridere, dovevo essere uno spettacolo. E infatti, appena ho sganciato le braccia dalla tastiera è scattato un appaluso. Lungo, lungo, di tante persone, tutte insieme. E mi ha stupito, quasi imbarazzato. Poi la teatrante consumata si è alzata in piedi, accennando inchini a destra e manca e soffiando qualche bacio qua e là, il solito sorriso beffardo mentre pensavo:
"Ma cosa ascoltate, non era mica per voi, era solo per me, tutto per me. E’ mio, soltanto mio, è il mio tesssoro"

Questi attimi di magia che a me durano sempre troppo poco.
Da dietro il mio riparo sicuro di vasi natalizi che mi nascondono alla vista di chi entra, un coso coi capelli ispidi si è affacciato, attratto immagino dall’applauso, mi ha guardato stralunato, poi si è girato verso i suoi compari dicendo "oh, non è un disco, c’è una figa che suona…"