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La vera verita' sulla crisi finanziaria

La vera verita' sulla crisi finanziaria
L’ inutilia’ della pioggia in un venerdi sera di Aprile trova l’apice della propria espressione nel fatto che io sia qui sul divano a scrivere un post su questo blog abbandonato utilizzando un mac dalla tastiera sprovvista di accenti anziche’ portare a passeggio il mio mirabile fondoschiena nei localini all’ Arco della `Pace sventolando un Martini in una mano e la mia nuova borsa color lampone nell’altra. Ma tant’ e’, e visto che comunque del sushi e’ stato mangiato e del Negroni bevuto tanto vale che passi il resto della serata a rivelarvi la vera verita’ riguardo alla contingente crisi della finanza.

Facile.

Non si tratta di hybris (termine greco traducibile come “ingiustizia, prevaricazione”. Hybris, per il pensiero greco, è ogni situazione in cui si assiste ad un oltrepassamento del giusto, una prevaricazione della legge dell’armonia. Se il pensiero greco, soprattutto presocratico, è la riflessione sul carattere armonico della realtà necessario a mantenere in equilibrio l’intero universo, l’hybris rappresenta allora quella prevaricazione degli elementi che conduce ad uno strappo nel tessuto armonico della realtà), non si tratta di greed (termine inglese che traducibile come brama/cupidigia ma fondamentalmente magnamagna), non si tratta di nulla di quello che il Sole 24 Ore e il Financial Times cercano di spiegare con parole che necessitino una definizione tra parentesi.

Semplicemente, circa un anno fa, ho trovato lavoro. Nella finanza. O almeno, mi e’ stato raccontato che il mio capo e la british company che mi eroga lo stipendio ogni 27 del mese si occupano di quello. E per la legge del battito di ali della farfalla in Cina che provoca un uragano in Peru’, mi sento responsabile e temo che quella  chiusura del cassetto delle pratiche con uno sbarazzino colpo di anca possa essere stata fatale alla Lehman.

Vita d'ufficio

Vita d'ufficio
La vita d’ufficio è molto bella.
Molto più bella di come mi era sempre stata dipinta.
In quello che passerà ai posteri come il periodo delle lacrime* addirittura ero felice di stare in ufficio un numero inconguo di ore: qui, la mia scrivania quotidianamente pulita dagli elfi notturni, i miei cassetti rigurgitanti di graffette, mollettine, puntine, postit colorati, il mio schermo gigante, il telefono che a differenza del suo collega muto a casa suona in continuazione, qui nulla e nessuno mi può fare male. Pensavo.
E quattro capi che non solo non mi cazziano mai ma addirittuara sono gentili e simpatici. E la mia collega del pomeriggio che mi fa i massaggi shatzu. Qaderni puliti e banchi a volontà, quanti ne vogli quando voglio. E la macchinetta del caffè di George Clooney e lo stipetto della cucina rifonito di PanDiStelle e MordiMela. La routine rassicurante, gli orari stabili, il portiere sorridente che mi chiacchera mentre ritiro la posta e i giornali, il panettiere che ora mi conosce e mi offre i pasticcini.
Secondo me è una congiura di quelli che lavorano in ufficio: lamentarsi perennemente in modo che gli altri non si avvicinino a questa oasi di quiete e serenità.

* converazione realmente avvenuta
Mala: Buongiorno
Farmacista: Buongiorno, dica
M.: Avrei bisogno… non so sigh se avete… sobbb, qualcosa per…
F (allibito): sta bene? un antidolorifico?
M.: No.. siggggh, mi serve qualcosa per… smettere…
F.: nicorette? … metadone?
M.: Ma nu… sob, per smettere di piangere! Vede? (volto rigato di lacrime, singhiozzi strazianti) Vado avanti così da due settimane…
F.: Magari qualcosa di omeopatico, eh? Valeriana?
M.: Nu… la valesighriana mi fa sobdormire
F.: Allora vediamo… (si volta verso lo scaffale)
M.: Anche dei piccoli tappi, per i dotti lacrimali. Sobbb. Funzionerebbero…
F.: …
M.: O qualcosa per il cuore…

La chiamavano Bocca di Rosa

La chiamavano Bocca di Rosa

Contrariamente ad ogni aspettativa, Mala ha trovato *miriadi* di lavori.
Ma permetteteci di spendere due parole di vita vissuta in proposito.

- Segui questo ragionamento
- Ce la posso fare
- Io vengo qui, ti ascolto suonare. Pago la consumazione, dando al locale dei soldi che poi servono a pagare il tuo cachet. Giusto?
- Eh, esatto…
- Ma a questo punto, non faremmo prima se io dessi direttamente i soldi a te e ce ne andassimo da qualche parte a divertirci insieme?
Ecco, pur non essendo sicurissima, questa credo che si chiami prostituzione.

- Segui questo ragionamento
- Ce la posso fare
- Io vengo a letto con te. Perchè tu hai degli agganci importanti nel settore che mi interessa. In questo modo scambierei i miei favori sessuali per una raccomandazione, così da poter trovare un lavoro che mi interessi. Giusto?
- Eh, esatto…
- Ma a questo punto, dopo essere stata a letto con te mi tocca poi pure lavorare. Non faremmo prima se mi dessi direttamente un mensile?
Ecco, qui sono già molto più sicura che si tratti di prostituzione. Sia al primo che al secondo step. Solo che fermandosi al primo la fregatura è palese.

- Leggo dal suo curriculum: liceo linguistico, diploma in conservatorio, laurea in filosofia…
- Veramente sarebbe una quasi-laurea
- Beh, sì… ma quello che le vorrei chiedere è: quale sarebbe il suo obiettivo? Esattamente, cos’ha intenzione di fare?
- Mi sembra palese: trovare un uomo abbiente e di bell’aspetto che mi mantenga
Ecco, questa è una forma di prostituzione socialmente accettabile solo se non viene dichiarata apertamente.

Il problema nel trovare un posto di lavoro "come dico io" è nel far coincidere ciò che mi piace con la possibilità di pagarci l’affitto. E a me piace fare soprattutto due cose nella vita. La seconda è suonare il pianoforte, ma abbiamo appurato che non è una strada economicamente appagante.

Guido

Guido
Guido ha cinque anni. Le dita piccine e morbide. Gli occhi grandi. Guido quando mi vede mi abbraccia, è un orsachiotto, e poi inizia a parlare. Dell’asilo, della maestra, della mamma. Io lo riporto sulle note, sulla diteggiatura, sui ritmi. Ma lui scappa ancora e fa domande.

- Tu hai un bambino?
- No Guido
- E perchè no?
- …vediamo… perchè io ho già i bambini come te, che vengono a suonare
- No, ma io dico, perchè non hai un bambino tuo? Come la mia mamma?
- Eh, ma io non sono una mamma
- E allora cosa sei? Sei una bambina?
- Sì, sono una bambina grande
- Però sei bella come la mia mamma
- Grazie Guido, che complimento bellissimo
- Sì però poi quando diventi più grande e non sei più una bambina grande e diventi una mamma…
- Dimmi…
- Però poi io posso lo stesso venire a fare pianoforte?

Guido ha cinque anni. E io non so mai cosa rispondergli, allora lo riporto sulle note, sui ritmi, sui tasti.

Momenti di Pianobar (sì, ma a 5 stelle)

Momenti di Pianobar (sì, ma a 5 stelle)
Ti abbandoni, liberi le mani, non ti piace stare sveglio
meglio di così non saremo mai


Dovrei controllare se esiste in italiano il verbo infolarmarsi, o se si usa solo a casa mia.
Ma è troppo tardi. Nel senso che è notte fonda, che gli occhi mi si chiudono e che oramai l’ho scritto.
Vado avanti.
Arrivata ad un punto di noia tale da dimenticarmi completamente dalla situazione, mi sono  infolarmata tutta. Mettiamola così, mi sono fomentata. Si capisce meglio?
Tasto bianco tasto nero, nota bianca nota nera. Sentivo che mi scappava da ridere, dovevo essere uno spettacolo. E infatti, appena ho sganciato le braccia dalla tastiera è scattato un appaluso. Lungo, lungo, di tante persone, tutte insieme. E mi ha stupito, quasi imbarazzato. Poi la teatrante consumata si è alzata in piedi, accennando inchini a destra e manca e soffiando qualche bacio qua e là, il solito sorriso beffardo mentre pensavo:
"Ma cosa ascoltate, non era mica per voi, era solo per me, tutto per me. E’ mio, soltanto mio, è il mio tesssoro"

Questi attimi di magia che a me durano sempre troppo poco.
Da dietro il mio riparo sicuro di vasi natalizi che mi nascondono alla vista di chi entra, un coso coi capelli ispidi si è affacciato, attratto immagino dall’applauso, mi ha guardato stralunato, poi si è girato verso i suoi compari dicendo "oh, non è un disco, c’è una figa che suona…"

Superpoteri

Superpoteri
Non so se sia una qualità innata o se si possa ottenere anche con l’allenamento, una delle cose che però più desidero ora è l’occhiata-fulminante. Quella capace di stendere in un nanosecondo i tre pupi più casinisti della classe, senza che nessuno manco se ne accorga, senza neanche che si senta odore di pollo fritto.
Mi sto trasformando in una specie di MaryPoppins. E’ disgustoso.

Contestazione disciplinare

Contestazione disciplinare
In attesa dell’intervento salvifico del sindacato, occorre agire e prepararsi una lunga serie di "cause di forza maggiore" per cui sono stata impossibilitata a comunicare tempestivamente la mia indisponibilità:

- un improvviso assestamento dell’asse terrestre ha creato un campo gravitazionale di pregevole forza nel salotto di casa impedendomi di sollevare le chiappe dal divano
- avevo finito il credito sul cellurare facendo degli scherzi telefonicic anonimi al capo del personale e quindi non ho potuto avvertire di aver perso il treno
- c’era Ugly Betty alla tele e non ho il videoregistratore
- sono stata rapita dagli alieni, e mi hanno giurato che si sarebbero occupati loro di mettersi in comunicazione telepatica con l’ispettore amministrativo per giustificare la mia assenza
- pioveva e avevo appena stirato i capelli, non mi sembrava il caso di vanificare i miei sforzi
- l’oroscopo di Paolo Fox mi consigliava caldamente di evitare qualsiasi contatto fisico e/o telefonico con gli acquario, e mi pare proprio che il mio capo sia acquario, non ne sono sicurissima, ma capite che nel dubbio non me la sono sentita di rischiare
- ho letto male i numeri sul sito della Sisal: ero convinta di aver vinto il superenalotto, è già tanto che non sia venuta a rovesciarvi il cestino della carta straccia in testa
- ah, perchè: quel dì si lavorava?
- in realtà io c’ero, ma a causa di un malvagio sortilegio che mi impedisce di toccare la carta rosa dopo le 17.45 non ho potuto timbrare il cartellino, o mi sarei trasformata in una zebra a pois. Se non mi avete vista, probabilmente è un problema oculistico vostro, o forse sarà stato quel’altro malvagio sortilegio che mi rende invisibile agli occhi di chi non è puro di cuore, non saprei
- il mio telefono è controllato, non vi ho chiamati per non mettervi in pericolo e non destare sospetti su di voi
- ero all’ultimo livello di space invaders: la partita più bella della vita, record assoluto, come potete pretendere i distogliermi da tale nobile attività per i vostri futili capricci contrattuali?

…to be continued…

Chi se ne va che male fa

Chi se ne va che male fa
Menando vanto di essere una stronzetta presuntuosa, me ne vado con dei gran sorrisi e senza sbattere la porta.
Cercare di far stare la gente al proprio posto è un’impresa troppo difficile per me, non mi ci metto neppure. Semplicemente, sto cercando di mettermi io al posto giusto. Il posto giusto per me. Tipo, al centro dell’universo.
Ché se non ha ancora imparato, a cinquant’anni, a stare al mondo, di certo non perdo tempo io a veniglielo ad insegnare, Signora. Sono troppo stronzetta e troppo presuntuosa. Colpa mia, lei continui così che si troverà sempre male, e sarà sempre per colpa di qualche stronzetta presuntuosa, anche meno stronzetta e di certo meno presuntuosa di me.