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Comunicazione dis-servizio

Comunicazione dis-servizio
Repetita juvant, ed eccomi a ripetere che nonostante le apparenze questo blog non e’ morto.
E’ stato in vacanza per un po’, ma poi e’ tornato e si e’ depresso. Come i Giapponesi quando vanno a Parigi (tutto vero).
E’ che lui non sta benissimo qui, ha bisogno di cambiare aria.

E qui miei cari affezionati, entrate in gioco voi:


cercasi disperatamente aiuto per migrare il fardello da qui a WordPress
help help help


Se qualche anima buona passando di qua volesse darmi una mano tenendo presente che le mie abilita’ informatiche sono tali per cui non sono riunscita nemmeno ad INSTALLARE WordPress, mi lasci un barlume di speranza nei commenti.

Comunicazione dis-servizio

Comunicazione dis-servizio
Inizio comunicato ufficiale

Tengo a precisare ai miei dodici lettori (no, non e’ una citazione colta*, e’ che il numero di visite e’ sempre stranamente 12 o un suo multiplo) dicevo, tengo a precisare che questo blog non e’ chiuso.
Perche’ il 76% dei blog che ero solita leggere hanno fatto quella brutta fine li’ (e diciamocelo non c’e’ nulla di piu’ sconfortante che la paginetta azzurra con tanto di epitaffio).
Questo blog non puo’ permettersi di chiudere, perche’ la sua paginetta azzurra di epitaffio non provocherebbe tristezza e sconforto in nessuno, quindi sarebbe una morte inutile.
Non e’ nemmeno un blog abbandonato, no. Il fatto che non ci venga io non significa che sia privo di attenzioni e cure da parte dei miei dodici lettori che apparentemente sguazzano nei suoi archivi, spolverando qua e la’ e annaffiando parole un po’ stantie evitando che appassisacano definitivamente.
Questo blog sta semplicemente mantecando. Ed io con lui.

Fine comunicato ufficiale

Inizio post dimostrativo di come scriverei se mi venisse da scrivere in questi giorni qui

Quando un giorno mi incontrerai, io staro’ inseguendo come al solito la punta del mio naso finendo quasi sotto a quel tram su cui ti fai trasportare, il giornale aperto e lo sguardo placido. Nel momento preciso in cui alzero’ gli occhi sullo scampato periocolo e tu li abbasserai sul mio cappottino a quadri, noterai un che di familiare e ti verra’ da sorridere. Io prendero’ proprio in quel momento, sull’incipit del tuo sorriso, un sospiro profondo ingoiando lo spavento e tornando ad occuparmi della punta del mio naso. Tu riabbasserai lo sguardo sul giornale, ed il titolo ti dara’ un leggero senso di nausea, poi il rumore dell’acciaio sulla curva dara’ il suo tocco di ineluttabilita’ al momento ed ognuno proseguira’ per gli affari propri.


Fine di tutto.

*anche perche’ lui ne aveva il doppio + 1

Fine del lutto

Fine del lutto

Watching me like you never watch no one
Don’t tell me that you didn’t try and check out my bum
Cause I know that you did
Cause your friend told me that you liked it

Gave me those pearls and I thought they were ugly
Though you try to tell me that you never loved me
I know that you did
‘Cause you said it and you wrote it down

Più che altro  perchè il nero lo porto davvero male. E poi no, non mi va proprio ora di inseguire un’ immagine di noi che mai sarebbe stata. L’avevi inventata bene, mi avevi davvero persuaso. Ma tu hai le tue convinzioni, le tue convenzioni, il tuo mondo borghese da preservare, e io ho troppo poco tempo per provare tutti i fiammiferi nella scatola prima di trovare quello giusto per appiccarti fuoco. Solo, mi spiace di averti chiesto per favore di non fare tutto questo. L’hai fatto comunque, e pazienza. Mai chiedere favori agli sconosciuti.

Dancing at discos
Eating cheese on toast
Yeah you make me merry make me very very happy
But you obviously, you didn’t want to stick around

Il tuo più grande difetto, non volermi al tuo fianco. Io non sono fatta per cambiare le persone, e non mi diverto a sfogliare gli album di fotografie passate. A me piace guardare avanti, a te piace troppo guardare indietro. Attento ai pali, però.

So I learnt from you

I can be alone, yeah
I can watch a sunset on my own
I can be alone, yeah
I can watch a sunset on my own
I can be alone
I can watch a sunset on my own

Sitting in restaurants
Thought we were so grown up
But I know now that we were not the people
That we turned out to be

Chatting on the phone
Can’t take back those hours
But I won’t regret
‘Cause you can grow flowers
From where dirt used to be

Rimango uguale a me stessa. Imparo cose nuove, ma non cambio mai. Grazie anche a te, allora. Anche se è andata così. Un contributo alla mia specificità. Continuo ad essere ciò che sono, indipendentemente da ciò che faccio. Una persona meravigliosa dici? E tu?

<alza le spalle, si volta e se ne va canticchiando> 

Do do do da do do do do do do da do…

KABOOM!

KABOOM!

- I’m longingfor the sycamore tree…?
- ?
- (circa, dai)… dream a little dream of me
- …
- devo imparare il testo, eh?
- …
- vabbè,lo cercherò su internet

KABOOM!

Ecco l’esatto momento in cui il blog mi esplode tra le mani.

(quanto ci mette Google ad indicizzare?  Quanto tempo ho  per cancellare il post precedente?)

Elettroaddomesticami

Elettroaddomesticami

Elettroaddomesticami.
E se salterà la corrente sarai bravo a trovare anche nel buio l’interruttore generale.
E se la messa a terra questa volta non funzionerà, non m’ importa più nulla.
Tante volte mi ci sono ritrovata, messa a terra, lì, sola e cruda.
Tante volte l’ho pagata, mal che vada sarà solo un altra bolletta di conguaglio.
Intanto però, giusto per essere melensi, abbracciami forte e parlami del colore del grano.

PS: ho come l’impressione che questo blog possa esplodermi tra le mani da un momento all’altro…
PPS: che poi io sono quella che in poco più di un mese è riuscita a bruciare la bellezza di 12 lampadine…

Verrà la notte

Verrà la notte
*Quando continuerà
il tempo dove tu manchi,
senza nostalgia
di strofinare i tuoi fianchi;

Non controllare il fiato, non trattenere il respiro. Devo imprare di nuovo a respirare quest’aria. Come uno strano anfibio dalla pelle apparentemente liscia, riadattarmi all’acqua e all’aria, senza affogare in nessuna delle due. Senza le lacrime a confortarmi e senza brezze di mare a seccarmi le squame che oggi porto con l’orgoglio di chi porta un segno. Tornerò ad essere animale di palude, ad intrecciare di ortica i miei capelli. A leccare i polsi vicino alle vene, vicino alle mani, nello snodo misterioso dove il sangue si trasforma in gesto. A dondolare nel vento, nascosta tra i giunchi.

quando ti fermerò
tra i due miracoli
di averti amata e perduta,
e lì ti schiaccierò
e lì sarai finita…

E poi di nuovo arriverà il rumore della battaglia. E lo stridore delle lame, e l’odore delle corazze in cuoio. Il sapore del metallo sulla lingua, sapore di ferro e sangue mescolati, tanto simili. Perchè io sono sempre stata lama, lacerante, tagliente, a volte spuntata. Io la lama, impugnata e brandita. Io la lama, che affonda senza sentire dolore. Ma quel calore dolce che mi avvolge quando il mio Signore mi porta in battaglia, quel calore di carne che mi fa accoccolare nel ventre del nemico ed amarlo. Io la lama, macchiata e poi pulita. La mano del mio Signore a stringermi salda, quando insieme urleremo il grido per lanciarci nella battaglia.

Quando di questo amore
saranno sparse le foglie,
e morirà l’orgoglio
nel mio inventario di stelle;

Mi chiamerò nei mille nomi che non hai saputo inventarmi. Non sono la bussola, e non sono la stella. Non sono il cammino, non sono la mappa, non sono la strada. Non sono nemmeno il compagno di viaggio con cui dividere i silenzi. E non sono l’oste da truffare mentre tenta di truffarti. Non sono la dama di rapida compagnia, non chiedo monete dopo averti accolto nel mio letto. Non sono il sentiero, non sono il bosco, non sono lo steccato. Non sono l’ostacolo e non sono la meta. Io sono il Nord.

quando ti avrò battuta,
cacciata sulla luna,
dimenticata per sempre
e avrò cantato il giorno
che tu non sei più niente…

Successe una volta che per caso morii. Successe due volte che mi vennero a prendere. Successe tre volte che mi cantarono in versi e struggenti armonie. Successe cinque che mi si perse di nuovo. Le vostre cetre maltrattate, non valgono nulla contro la mia capacità inflessibile di restare immutata. Da qui dove sto, vedo i vostri affanni nel rincorre nuovi amori. Da qui dove sto, non posso morire di nuovo. Verranno sei volte in cui mi danzerete le mani e i capelli. E sette di nuovo in cui sarò amata. E poi altre otto in cui di nuovo fraintesa resterò immutata e tenace nella mia ombra, impossibile da saccheggiare. E nove poi più, come le vite dei gatti. O le loro code.

Verrà la notte e avrà i tuoi occhi,
verrà la notte con i tuoi occhi.

Io viaggerò l’inverno
io giocherò con il mio cane;
mi vestirò di nuovo
sentirò sete e avrò fame,
quando aprirò la stanza
dov’ero chiuso a chiave
fra le tue immagini spente
e sarò "io": quel giorno
che non sarai più niente…

Cupio dissolvi. Avete mai immaginato Romeo e Giulietta diventare vecchi assieme commentando il tg? Avete mai creduto che Tristano e Isotta potessero litigare su chi non ha innaffiato la pianta, o chi avrebbe dovuto chiamare la babysitter? Io sì, un pochino sì. Io non ci credo alle tragedie. Neanche ai melodrammi. Io penso che da qualche parte in realtà ci siano due vecchietti che si contano le rughe attorno agli occhi ridendo dei tempi visti assieme. E delle piante lasciate morire sul balcone. Cupio dissolvi.

Verrà la notte e avrà i tuoi occhi,
verrà la notte con i tuoi occhi

*Verrà la notte e avrà i tuoi occhi, R. Vecchioni

Ab-sentia

Ab-sentia
Di solito quando uno abbandona il blog i casi sono due: o va tutto benissimo, o va tutto malissimo.
Giusto per rassicurarVi che non mi trovo in nessuna delle due situazioni, bensì meglio, in entrambe contemporaneamente: alcune cose vanno meravigliosamente bene, altre sono merda fritta nello strutto scaduto.
Se scrivo poco in realtà è solo perchè gioco un casino ad Extremelot.

Ciclotimia

Ciclotimia
Vado su, su, su
Vado giù, giù, giù
Poi rivado su, su, su
Ma poi ritorno giù, giù, giù

Essendo una fanciulla d’altri tempi, come oramai sono abituata a considerarmi, per un periodo della mia vita ho avuto un mentore.
Il mio mentore sosteneva che non ci fosse nulla di patologico, e che il mio fosse semplicemente il tipico carattere "malinconico": naturali per me i passaggi obbligati dai pensieri più cupi che arrivavano ad annichilire ogni gesto, a un’ euforia vitalistica sfrenata e sfrontata.
"Quando non sei in lotta col mondo, sei in lotta con te stessa".
Mi diceva di pensare a Vivaldi, e a quanto mi assomiglia. Frenetico. E poi straziante. E poi di nuovo frenetico. Le pause di equilibrio tra un punto estremo e l’altro sono solo nei silenzi che separano tra loro i movimenti. Io trovavo il mio punto di quiete nel sonno, ottimo rifugio dal mondo braccatore e braccato, e soprattutto da me.
Come ogni malato ama nel profondo la propria malattia, nello stesso modo nascosto e perverso io amo il mio carattere tipicamente malinconico, questo continuo bungee-jumping nelle profondità che mi scopro dentro. In realtà lo odio. Non so se lo odio di più quando sono giù giù giù e piango per le pubblicità della Barilla, o quando sono su su su e mi sembra tutto talmente semplice che faccio danni con allegra nonchalance. O peggio ancora forse sono le fasi intermedie, quando penso che sia tutto completamente sottocontrollo, e me la racconto così e ci credo pure.
Adesso poi che ho pure scoperto che non si tratta solo di un tratto caratteriale, ma di una sorta di patologia, ho paura che mi venga tolto, curato, guarito. E sì, io vorrei fortissimamente toglierlo, curarlo e guarirlo. Da un lato. Dall’altro, sono nella fase intermedia ora, credo, e quindi penso che non ce ne sia bisogno. E’ solo il tipico carattere malinconico, come Vivaldi, è pure bello. E’ tutto sottocontrollo.