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E' arrivata la primavera! (trallalàtrallalàtrallalà-là-là)

E' arrivata la primavera! (trallalàtrallalàtrallalà-là-là)

A winter’s day
In a deep and dark December
I am alone
Gazing from my window
To the streets below
On a freshly fallen silent shroud of snow

In effetti, visto come è andato il Natale, cosa ti aspettavi dalla Pasqua?
Ora devi solo essere molto brava a rimetterti in piedi, trovare il prossimo, farti le paturnie, fartele passare, e farti spezzare il cuore in tempo per il tuo compleanno. Hai circa due settimane, ce la puoi fare.

I am a rock
I am an island

I’ve built walls
A fortress deep and mighty
That none may penetrate
I have no need for friendship
Friendship causes pain
It’s laughter and it’s loving I disdain.

Fare dei buoni propositi è pratica sana e utile se poi almeno si cerca di mantenerli. Segnatelo. Torniamo al progetto originario: zitella acida con la cofana di capelli arruffati che insegna musica ai bambini offrendo loro biscotti fatti in casa mentre per l’appartamento gironzolano gatti pigri dagli sguardi di tagliagole.
Iniziare col comprare il forno, insomma.

Don’t talk of love
Well, I’ve heard the word before
It’s sleeping in my memory
I won’t disturb the slumber
Of feelings that have died

If I’d never loved,
I never would have cried

Anche con il trucco sciolto e gli occhi gonfi sono e resto un gran pezzo di gnocca. Questo è un appunto per la mia autostima, così tanto per. Peccato che a ‘sto giro mi sia presa l’insonnia, che è quanto di peggio quando non si ha la connessione internet e non ci si può distrarre ammorbando gli amichini su msn oppure giocando a Lot oppure leggendo i libretti delle opere liriche o iscrivendosi ai corsi gratuiti di islandese. Avrei preferito la solita gastrite, che con l’estate in vista è sempre un aiuto. Ma è ancora presto, magari tra oggi pomeriggio e domattina ce la fa a venirmi.

I have my books
And my poetry to protect me
I am shielded in my armor
Hiding in my room
Safe within my womb
I touch no-one and no-one touches me

Oggi no perchè ho da fare. Però domani voglio provare. Ad allargare le braccia, dico, per vedere se davvero vado in pezzi. E vedere quanti. Mi immagino sempre frantumata come un vetro colpito da una pallonata. Magari invece mi ammucchietto in mille bricioline di burro. O forse mi rompo solo a metà, una lunga crepa asimmetrica dalla fronte all’anca. O magari mi cadono via solo delle appendici inutili, o forse come al solito mi si aprono le vene. Terrò a portata ago e filo. E’ vero che cado sempre in piedi. E’ vero che ho le spalle larghe. E se fosse solo un patchwork di convinzioni?

I am a rock
I am an island
And the rock feels no pain
And an island never cries

Se mi rilasso collasso

Se mi rilasso collasso
Mi piace da impazzire questo desiderio di esserci che si nasconde male.
Mi piace e mi tortura, e mi fa ridere di ogni frase scappata e poi riformulata e interpretata allo specchio deformante delle diverse esperienze che sono poi tutte uguali.
E la negazione del volerci essere, che si allunga come un tentacolo a riacciuffare indietro le parole e i gesti, mi fa ridere anche questo.
Tre passi avanti, due indietro. E non ci crede nessuno, eh, se non ci credo nemmeno io che dovrei essere quella più cinica e crudele… e invece rido.
Tenere le distanze per finta, che si sente che è proprio una decisione presa a tavolino, mentre tutto intorno sembra che ci faccia il tifo e persino la hola.

E attenzione concentrazione ritmo e vitalità

devo dare di gas voglio energia
metto carbone e follia
se mi rilasso collasso
mi manca l’aria e l’allegria e perciò

attenzione concentrazione ritmo e vitalità


Ho preso a fare tantissime cose, tra cui la ratatuille. Organizzo feste. Organizzo cene. Vedo amiche, vedo amici, se non lavoro esco, mi spargo attorno come se di colpo fosse ancora il 1999. Come se di colpo fosse ancora il 1999 ma con addosso tutto quello che è stato in quasi dieci anni. In cui non mi sono mai risparmiata, è vero, e da dove la prendo questa fottuta energia e questa fottutissima voglia di non risparmiarmi di nuovo non si sa.

odio il pigiama e vedo rosso
se la terra mi chiama non posso
restare chiuso fra quattro mura
ho premura di vivere perciò

E attenzione concentrazione ritmo e vitalità

sto fermo un giro non passo dal via
piuttosto non gioco e vado via
fuori dal vaso fuori di testa
ho sempre un piede sul motore
devo dare di gas voglio energia
metto carbone e follia
se mi rilasso collasso
mi manca l’aria e l’allegria e perciò

Quasi che veramente se mi fermassi proprio ora sarebbe perdere un momento prezioso. O forse è solo la rinnovata consapevolezza che ogni momento è prezioso. Sono una trottola, di nuovo, ma questa volta sul puntale è fissato un pastello a cera che disegna spirali arancioni. Spirali e volute che incornicano gesti e parole, perchè voglio lasciare sempre di più un segno, che sia chiaro che il mio passaggio non è casuale, non può mai esserlo. Contornate in arancione, sul mio pavimento, alcune frasi.

I’ve got a right to sing the blues.
Voglio sì, certo che lo voglio, che mi accompagni a fare la spesa. Non ritrattare.
Chissà se esiste ancora lo Yar, posto strano.
Family man. <da leggere con scrollata di spalle e sguardo insolente>
Mi cedono le ginocchia.
Parlo dei miei passati amori con il sorriso. Sempre.
Nada te quita lo bailado.
Nada te quita lo bailado.
Nada te quita lo bailado.

Che voglia di ballare ancora, Valentina gambe lunghe per ballare, ogni ballo un grande amore, che voglia di ballare ora, perchè ora, se mi rilasso, collasso.

I miei amici, o amici miei

I miei amici, o amici miei

A distanza di meno di 15 secondi l’una dall’altra due persone distanti tra loro circa 280 km spediscono ad una terza persona il medesimo video musicale.

Coincidenze?
Trame del destino?
E’ il mio Karma che mi parla?
Sì, dico il "mio" Karma perchè ovviamente la destinataria del serendipitico messaggio ero io.

Valutate voi, il video era questo

The Wedding-Planner

The Wedding-Planner

Cose fatte:
- bloccata tastiera per il noleggio
- prese scarpe

Cose da fare:
- prendere il regalo
- prendere il vestito
- accompagnare moroso a prendere il vestito
- accompagnare sposa alle prove acconciatura
- accompagnare sposa alla prova trucco
- accompagnare sposa all’ ultima prova vestito
- arginare eventuali crisi isteriche sposa
- capelli
- mani-pedi-cure
- ceretta
- lasciare acconto tastiera
- organizzare consegna-ritiro tastiera
- arginare eventuali crisi isteriche mie
- accordarsi col prete per la durata dei brani
- cronometrare brani
- studiare brani

Cose da non fare:
- piangere mentre suono

Sono praticamente a cavallo, mancano la bellezza di otto giorni.

Frase del giorno – Immensamente Giulia

Frase del giorno – Immensamente Giulia
Suonerò al suo matrimonio, e la mia deontologia mi impedirà di sciogliermi in lacrime di gioia e commozione salvandomi il trucco. E capisci al volo che per una come lei non si può la solita marcia nuziale quando varcherà radiosa la soglia della chiesa, quindi le stavo sottoponendo varie scelte alternative per quel momento. Tra cui il tema delle Variazioni Goldberg. E lei entusiasta:
- Mi piace questa! Voglio questa! Mi fa sentire così… così… mi fa sembrare più magra!


La musa imperfetta

La musa imperfetta

- Dev’essere meglio ricordarti
- Meglio di cosa?
- Meglio di godere di te, lì, al momento. Secondo me dai il tuo meglio nel ricordo
- Stai dicendo che verresti a letto con me per il gusto di potermi ricordare?
- Non riesco nemmeno ad immaginare come sarebbe con te. Almeno nel ricordo avrei qualcosa in cui struggermi
- Ma perchè.
- Perchè sei una musa imperfetta. Non esisti nel presente, quindi non esisti nemmeno nel futuro: non ti posso immaginare, non ti so immaginare. Puoi solo essere un bel ricordo, per assolvere al tuo compito.

Io catalizzo gente strana. Ma strana forte, eh.

Cromatismi e Cromagnon

Cromatismi e Cromagnon
- Secondo me sei davvero daltonico
- Ancora? ma se te l’ho spiegato mille volte…
- Sì, lo so, l’hai letto su Focus: gli uomini non distinguono le sfumature di verde. Il verde menta, il verde salvia, il verde pisello, il verde prato, il verde muschio nella vostra percezione si equivalgono.
- Oh, brava, l’hai capito. E allora?
- E allora, qui non stiamo proprio parlando di verde!
- Maddài! Sei pesante! L’incrocio era libero, la visibilità ottima, e il semaforo era appena appena diventato giallo!
- Ma lascia perdere come guidi! Non è nemeno questo! E poi, quello che tu ti ostini a chiamare giallo del semaforo è in realtà arancione. A-ran-cio-ne, a-r-a-n-c-i-o-n-e! Ti dice nulla?
- ‘Mboh…
- Eppure è stata un’idea tua, Spad! "Perchè all’aperitivo per riconoscerci non portiamo ognuno qualcosa di arancione? La cravatta, un fiocco, un libro, un’arancia…" Cariiino! Bell’idea clap clap! Peccato che adesso che mi hai fatto indossare questa fascia per i capelli che nemmeno negli anni ottanta, mi fai pure fare la figura della gioppina! Perchè tu non hai niente di arancione addosso? Eh?
- Come no?!? Guarda bene…
- Allora: giacca grigia, camicia azzurra, cravatta rossa, pantaloni neri… ma che, ti sei vestito al buio?… calzini: ovviamete bianchi, libro viola in tasca, marsupio giallino, scarpe marroni, nastro-appendi-chiavi fucsia… Niente di arancione!
- E invece sì, eheh…
- No! Non mi dire che… non avrai mica messo  queste spero! E non avrai mica intenzione di mostrarle?!?
- Mannò! Dai , guarda bene…
- Dove?
- Questo…
- Il cocktail?
- Eheh, dai, quanto sono avanti?
- Ma… Spad… è un cubalibre!
- …
- Parliamone, ma sei davvero daltonico?
- …
- …
- … vabbè… arancione scuro?

Per il come, il dove e soprattutto il perchè chiedete a lui, a lui oppure a lui.

Paolo

Paolo

Ho conosciuto Paolo quattro o cinque anni fa. Sua caratteristica fondamentale è quella di farsi trovare un po’ ovunque nelle notti milanesi. Non lo conosco bene, anzi, diciamo che non lo conosco affatto, però è la persona che incontro più spesso in assoluto. Lo incontro ovunque, Paolo. Il più delle volta a teatro, ma anche nei locali, una volta l’ho visto alle Scimmie e mi sono nascosta. Non che non lo volessi salutare o che non mi andasse di fare le solite due chiacchere, ma temevo che potesse iniziare a credere che lo stessi pedinando. Anche sabato sera ho incontrato Paolo. Invitati alla stessa festa, com’è piccolo il mondo. Abbiamo parlato parecchio: del nostro amico comune Marco che ci ha presentati, del suo lavoro, di quanto fossi gnocca quella sera (ah, che bello saper stupire ancora le persone). E in questa lunga chiaccherata ho scoperto un sacco di cose di Paolo che non sapevo: anche lui è laureato in filosofia, in logica ad essere precisi, oltretutto è amico del mio relatore, anche lui lavora in televisione… insomma, dopo anni di incontri casuali ho scoperto che io e Paolo abbiamo tantissime cose in comune. E quando mi ha lasciato il suo biglietto da visita per poterlo contattare, ho anche scoperto che in realtà Paolo si chiama Massimo. Matupensachefigura.

Ah, Boero traditor!

Ah, Boero traditor!

Una fredda sera invernale il consorte mi ha abbandonato sola nel nido, per andarsi a sollazzare col consueto pokerino tra amici.
Per passare la serata ho trasformato la casa in quello che si potrebbe definire senza esagerazione un figaio, invitando un numero non ben precisato ma superiore a 5 e inferiore a 8 di simpatiche amichette che si sarebbero soavemente dileguate prima del ritorno a casa dell’incauto.
Mentre l’ignaro consorte era impegnato a perdere denaro al giuoco, le provviste del nido, solitamente rifornito come un bunker antinucleare (per quello che riguarda gli alcolici, per i cibi solidi un po’ meno), venivano saccheggiate senza ritegno dalle villi, che hanno un aspetto etereo ma mangiano e bevono come valichirie.
Siccome la ciàcola induce l’arsura, e l’arsura porta al bere, ma poi il troppo bere va compensato con del sano cibo, le cinguettanti pulzelle hanno lasciato sul campo di battaglia secche e stecchite due bottiglie di Martini, tre bottiglie di rosso, una bottiglia di amaro, un barattolo di Nutella nonchè una quantità incongrua di cartoni di pizza da asporto, bucce di pistacchi, involucri di merendine. Si narra anche dell’anima di un mesto panettone solitario che ancora vaga per la cucina chiedendo pietà con uno straziante lamento in lingua d’oil.
Allo scoccare dell’ora prestabilita, le leggiadre donzelle si sono dileguate soavemente come erano comparse – no, non è vero: andando via barcollavano visibilmente, e berciavano per le scale, ma non per questo risultavano meno leggiadre- lasciando però in quella devastazione bagordesca in dono alla padrona di casa un invitante cofanetto di Boeri. 
E’ stato solo la mattina seguente che ho realizzato: le meste spoglia della Nutella giacevano disfatte nel cimitero dei vetri prosciugati accanto ad un posacenere impegnato in un tentativo di suicidio, e per la prima volta mi sono resa conto lucidamente che ero stata privata della mia fonte di sostentamento primaria, dell’alimento base della mia dieta, dell’unica linfa di cui si nutre il mio corpo.
Disperata, ho leccato e scavato con il dito il misero barattolo fino a farlo brillare: il sentimento di devastazione ed abbandono che provavo era pari solo allo scenario desolato delle condizioni del salotto. Mentre mi aggiravo lamentandomi per la casa, mi cadde l’occhio sull’invitante cofanetto di Boeri.
(dàndandàndandàndandàndan-dàndandàndan, sforzo di immaginazione acustica: sentite suonare insieme a me la musica de Lo squalo, alltogheter, bravi, ora dissolvenza in nero e voce narrante fuori campo che riprende il racconto)
E’ passato del tempo da quella sera e da quel triste risveglio. Solo oggi però ho recuperato la forza di analizzare cosa sia successo in quest’ultimo periodo. Perchè per giorni da allora, non sono stata più la stessa, ma ora mi stento di parlarvi col cuore in mano, perchè non succeda anche a voi. 
Non fidatevi dei Boeri. Contengono delle malefiche ciliegine imbevute del liquore più forte che sia mai stato distillato legalmente e non. E non sono il modo migliore per iniziare la giornata, come colazione a stomaco vuoto. Soprattutto, non per giorni e giorni di fila. Rinsavireste solo dopo averli finiti, e non è bello, garantisco.