La mia città, trasfigurata nella pioggia.
Poca luce grigia, e l’acqua che cade in fitte righe verticali che distorcono il profilo dei palazzi: palazzi lunghi lunghi, alti alti, grigi grigi.
Nessuno in corso Vittorio Emanuele. Nessuno in Galleria, nessuno in piazza della Scala. Una città deserta.
Non so perchè, sono vestita come se fosse estate, e invece è Novembre, fine Ottobre forse.
Freddo, con una felpina che stiro e allungo con le mani, e niente: mi lascia sempre scoperta una striscia di pelle sulla pancia o sulla schiena. Freddo.
I jeans un po’ lunghi strusciano sul pavè bagnato, la stoffa ruvida e inzuppata sfrega contro le mie caviglie e contro la pelle dei piedi nelle loro infradito estive.
L’orologio pubblico segna un’ora impossibile.
Un’ ora di quelle che esistono solo la sera, tardo pomerigigo, poche volte si sono viste al mattino.
Un’ora da fine nottata, quando si ritorna un po’ barcollanti dal troppo bere e del troppo ballare e non si indovina bene la toppa della porta di casa, e poi si lasciano le chiavi appese fuori nella fretta/voglia/necessità di arrivare presto al letto.
Non avrei mai creduto che quest’ora potesse esistere anche come inizio della giornata. E’ un’ora da dormire.
Vorrei legare i capelli, ma sfuggono, bagnati, come i serpenti di medusa, e mi sbattono sul collo, sulle spalle, sulla faccia. Piccole ciocche diventate fruste, fredde di pioggia e vento, incattivite.
Forse ho voglia di piangere, o solo di urlare, o di correre via per scaldarmi un po’.
Per fortuna c’è questo buffo signore allampanato ed elegante che mi tiene per mano, mi guida all’interno di un bar e mi offre un caffè.
Mi scotto. Il labbro superiore. Il caffè è bollente, amaro, ha un buon odore, un buon sapore.
Mi sveglio.
Finalmente mi sveglio.
Sei tu, Amore. Meno male.
Credevo di fare un sogno terribile.
E invece. Tu sei lì, con le tue mani calde e rassicuranti, il tuo sorriso che mi conforta, bello con la tua cravatta annodata precisa, chè tu di nodi alle cravatte te ne intendi, e la sigaretta pronta da accendere.
Tu, Amore mio, unica risposta alle mie paure, ai miei dubbi.
Tu, unica risposta a cui voglio credere come ad un oracolo, come ad una guida, come ad una bugia e ad una promessa.
Unica risposta ad ogni domanda, punto di partenza e d’arrivo di ogni mio ragionamento, di ogni mia giornata, di ogni mia decisione.
Allora, Amore, per favore, ho solo tre domande da farti. Rispondi.
1- Chi ha avuto l’idea di mangiare cinese ieri sera?
2- Visto il clima, non ce l’avevi a casa un maglioncino da prestarmi?
e soprattutto
3- Quando è stato, di preciso, che mi è sembrata una buona idea accompagnarti al lavoro?
ago16
Mi hai convinta. Ne faccio a meno, ancora per un po’.
Le 8 e 48 sarebbe l’ora che non esiste al mattino?
Io sono in piedi da due ore a quell’ora, maledetta!
però che carucci che siete… sembrate Lilly e il Vagabondo.
E l’esempio non è casuale.
@Juditta, io faccio pubblicità progresso. Racconto la mia triste vicenda personale per dissuadere altri ad incappare negli stessi errori.
@Green, magari. Alle 8.48 avevo già attraversato Milano Ortica-SSiro (con i mezzi pubblici-non so se rendo) facendo tappa in centro per colazione, più doccia supplementare di sbrinamento, più produzione del post. Altro che due ore prima. Altro che maledetta. Poverapuè.
E ieri abbiamo mangiato cinese, non farmi pensare a Lilly e il Vagabondo che mi sento in colpa
Qui si è fatta praticamente nottata. Mi sono risvegliata sul lettino, in giardino, con il sole già caldo ed un venticello carezzevole che arriva dal mare, distante da qui poco più di qualche km.
Zoya, il mio cagnone, dormiva beatamente ai miei piedi ed alcuni amici erano sparsi qua e là, nell’erba, intenti a russare come locomotive a carbone.
Dovrei sentirmi in colpa, forse, eppure non ci riesco. Ti aiuterebbe se ti dicessi che Milano, in realtà, non esiste? :)))
Lilly e il Vagabondo mangiavano spaghetti di soia.
Tutto torna.
Lilly e il Vagabondo mangiavano spaghetti di Zoya. Anche noi. Capito il messaggio Tittì? (nooo, non è invidia :P)
Tesora se vai qui puoi cominciare a farci amicizia:
http://www.flickr.com/photos/proserpina/94123964/
che tanto c’è un invito in partenza per Lilly e il Vagabondo, destinazione Roma.
freddo grigio grigio freddo, le nuvole sono incredibilmente basse, anche qui alle mie latitudini.. il cielo non contiene più e mi comprime nella sua aria gelida.
baaah, che sia tempo di ri-sfoderare la maglia della salute?
i reni non sono più quelli di quando avevo vent’anni
La prossima volta ti conviene andarlo a prendere quando finisce.
(^o^)
p.s.
Bello il nuovo vestitino del blog.