Non ce la faccio a dirla quella parola, perchè vorrebbe significare metterti nelle mani di un essere lontano e distante, rimetterti alle sue cure distratte e inconsistenti mentre qui ci sono le mie mani vuote che non chiedono altro che poterti cullare il pensiero. Vorrebbe dire scaricare ogni responsabilità, fatalisticamente, e come un gioco di dadi sperare di essersi sbagliati nella scommessa sempre, e che ci sia davvero, che sia pronto ad accudirti, che lo sappia fare meglio di come potrei io. Ma non lo farà. Non meglio di me, lo sappiamo.
Per questo lo direi forse in tedesco, che sia il più sofferto augurio, che parli comunque di vita, di pienezza, di un’ esistenza compiuta e ricca e soddisfatta e di completezza e di star bene. Di vivere bene. Ed è per questo che non lo posso dire, perchè sarebbe contro ogni logica e sintassi augurarti mentre ci perdiamo di star come solo insieme è possibile.
Lebewohl, addio.
Lo scrivo. Che almeno non vale, o non quanto dirlo.
mar29
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