Vado giù, giù, giù
Poi rivado su, su, su
Ma poi ritorno giù, giù, giù
Essendo una fanciulla d’altri tempi, come oramai sono abituata a considerarmi, per un periodo della mia vita ho avuto un mentore.
Il mio mentore sosteneva che non ci fosse nulla di patologico, e che il mio fosse semplicemente il tipico carattere "malinconico": naturali per me i passaggi obbligati dai pensieri più cupi che arrivavano ad annichilire ogni gesto, a un’ euforia vitalistica sfrenata e sfrontata.
"Quando non sei in lotta col mondo, sei in lotta con te stessa".
Mi diceva di pensare a Vivaldi, e a quanto mi assomiglia. Frenetico. E poi straziante. E poi di nuovo frenetico. Le pause di equilibrio tra un punto estremo e l’altro sono solo nei silenzi che separano tra loro i movimenti. Io trovavo il mio punto di quiete nel sonno, ottimo rifugio dal mondo braccatore e braccato, e soprattutto da me.
Come ogni malato ama nel profondo la propria malattia, nello stesso modo nascosto e perverso io amo il mio carattere tipicamente malinconico, questo continuo bungee-jumping nelle profondità che mi scopro dentro. In realtà lo odio. Non so se lo odio di più quando sono giù giù giù e piango per le pubblicità della Barilla, o quando sono su su su e mi sembra tutto talmente semplice che faccio danni con allegra nonchalance. O peggio ancora forse sono le fasi intermedie, quando penso che sia tutto completamente sottocontrollo, e me la racconto così e ci credo pure.
Adesso poi che ho pure scoperto che non si tratta solo di un tratto caratteriale, ma di una sorta di patologia, ho paura che mi venga tolto, curato, guarito. E sì, io vorrei fortissimamente toglierlo, curarlo e guarirlo. Da un lato. Dall’altro, sono nella fase intermedia ora, credo, e quindi penso che non ce ne sia bisogno. E’ solo il tipico carattere malinconico, come Vivaldi, è pure bello. E’ tutto sottocontrollo.