Monthly Archives: febbraio 2007
Dammi un motivo per cui sarei unica.
Perchè per non farmi fumare l’ennesima sigaretta, mi spegni la fiamma dell’accendino. Non ti limiti a soffiarci sopra. Ci sputi proprio. Dove la trovi un’altra che riesce a leggere anche in questo un gesto d’amore?
Crude verità
Non stupirti: non piaci.
Fattene una ragione.
E’ inutile che provi a fare il romantico, non ti riesce.
E quel tuo patetico tentativo buffonesco… davvero, non fa ridere.
Lascia perdere: rassegnati.
Il problema è che non hai i numeri.
Diciamo, sei un po’… corto.
E poi… e poi. Vuoi che te la dica tutta?
Ok. Eccoti servito.
Il vero problema è che duri poco.
Spero di non averti ferito troppo nel tuo orgoglio di mese, caro Febbraio.
No, dai. Non fare così. Un paio di settimane, e sarà tutto finito, dai, asciugati i coriandoli.
La monture
Quand on te voit sur ta monture
Quelle allure et quelle stature
Un vrai modèle de droiture
Une force de la nature
Ou bien n’es-tu qu’une raclure
Un animal de luxure
Qui court à l’aventure ?
Y a-t-il un coeur sous ton armure ?
Le mien est pur comme l’azur
Che male c’era ad innamorarsi del più bello?
Che male c’è ad innamorarsi?
Mi ricordo quei giorni come giorni di sole, anche se passavamo le ore a stupirci di tutta quella pioggia fuori stagione.
E la luce filtrata del mattino presto, guardarti attraverso le ciglia mentre ti annodi la cravatta, mentre mi rotolo ancora un po’ in queste lenzuola, annusare l’odore della vita nuova: siamo sempre qui, ma ci sembra di essere in vacanza.
La bocca sporca di cassata, l’asfalto sciolto, il calore che sale. I Navigli, come se fosse la prima volta che li vediamo.
E tutte quelle cose che succedono solo quando sei speciale per una persona. Come pensare che non sia importante scoprire tutti i difetti e i dilemmi subito.
Laiss’moi panser tes blessures
Oublions cette mésaventure
Je t’aimerai si tu me jures
Je t’aimerai si tu me jures
…
Che amore è l’amore che ha bisogno di giuramenti?
Mes rêves de petite fille
Cousus de fil en aiguille
Je les ai jetés au loup
Détrompe-toi car je suis
Aussi blanche qu’une brebis
Qui se roule dans la boue
Non ti sbagliare anche tu così tanto.
Non mi voler mettere alla prova.
A volte ho così tanta voglia di vederlo scorre questo sangue, il mio, che non ti conviene proprio volermi mettere alla prova.
Ho visitato anch’ io i bassifondi, qualche volta. E mi hanno spaventato meno di quello che ho trovato appena sotto al mio cuore.
Ho la voce da bambina. Vuoi sentirmi cantare? Vuoi sentirmi gridare tutti nomi del piacere? Vuoi sentirmi bestemmiare?
Ho sogni da bambina. Sai cosa sognano le bambine? Vuoi davvero sentirmi bestemmiare?
Tes mots d’amour sont des injures
Tes serments sont des parjures
Che amore è l’amore fatto di parole?
Mon coeur déjà se fait plus dur
Je te mets au pied du mur
Che amore è l’amore che non ha bisogno di violenza?
Délivre-moi de ma ceinture
Viens en moi petite ordure
Apprends-moi l’art de la luxure
Je t’aimerai si tu me jures
Je t’aimerai si tu me jures
…
Voglio un sacrificio lungo la mia strada. Voglio camminare verso il tuo amore calpestando petali di papavero e ali di farfalla. Lasciando una lunga scia insanguinata, che si mischino i lamenti alla marcia nuziale. Voglio lavarmi il corpo bianco nelle lacrime. Voglio complimenti e insulti mentre salgo sul tuo trono.Chi ha mai detto che sono buona? Mi ami forse perchè sembro buona?
Chi ben comincia
E, per non farci mancare nulla, primo giorno di ciclo.
Mi avvio con lauto anticipo alla fermata dell’autobus, il mio colorito verdolino coperto da un abbondante strato di blush, pregustando la colazione pantagruelica che ho intenzione di concedermi al bar che ho addocchiato il giorno del colloquio, proprio di fianco al nuovo lavoro.
Però l’autobus non passa.
Poi arriva, stracolmo, quando il mio lauto anticipo da dedicare alla colazione si è trasformato in un "cinque minuti, caffè e brioches al volo".
Poi mi sovviene che giovedì (perchè tutto ciò accadeva giovedì scorso) è giorno di mercato. Mi rassegno, mi appendo all’apposito sostegno e prego il dio a cui non credo di non farmi trovare traffico, di poter arrivare in tempo, almeno il primo giorno. L’autobus mi porta alla metropolitana giusto giusto per l’orario in cui dovrei essere al lavoro.
L’ansia aggiunge i suoi morsi alla mia pancia, già martoriata. Mi scapicollo per le scale, salto al volo sulla metrò, arrivo trafelata e quel che è peggio digiuna al lavoro. E la mattina vola leggera e felice.
Per fortuna, arriva presto l’ora di pranzo.
Con la neocollega conosciuta in mattinata mi reco all’ottima focacceria genovese sita a due minuti dal lavoro. Finalmente si mangia! Potrò placare almeno i morsi della fame, con buona pace del mio povero pancino strapazzato. Dietro al banco ogni ben di dio (e stavolta inizio quasi a credergli). Mi faccio scaldare e incartare un paio di chili di cibarie, agguanto una bottiglia d’acqua, e vado alla cassa a pagare.
Apro la borsa.
Non trovo il portafogli.
Ok. Parliamone. A parte la preoccupazione di averlo perso con conseguenti sbattimenti per documenti e varie, vogliamo mettere la figura terrificante di dover chiedere alla collega conosciuta da meno di quattro ore se mi poteva anticipare i soldi del pranzo? No, non parliamone, davvero. Lasciamo perdere.
Anche perchè iniziano ad insorgere problemi più gravi. Tipo, mi va via la voce. Infilo collane di starnuti da record (con grande ilarità dei presenti, perchè io quando starnutisco faccio proprio "eccì", tipo cartone animato), il naso si arrossa, la testa mi duole, mi viene anche la febbre.
Vorrei andare in farmacia a prendermi qualcosa, ma finisco di lavorare alle 19 e poi non ho un soldo in tasca (e chiederli alla neocollega mi sembra decisamente eccessivo). Vorrei chiamare il fidanzato e delegargli l’onere di provvedere alle mie medicine, ma ho finito i soldi sul cellulare. E non lo posso ricaricare, perchè nel non trovare il portafogli ho fatto bloccare il bancomat (e la chiamata mi ha prosciugato il credito).
In qualche modo porto a casa la giornata, mi trascino dolorante e mesta al nido domestico, crollo sul divano. Constato allegramente che il portafogli è sulla scrivania, e constato tristemente che il micio non è ancora tornato a casa. Dopodichè mi impiombo in un sonno senza sogni.
L’ultimo pensiero cosciente, come una Rossella O’Hara incrociata a Cenerentola e al topo Fievel di "Fievel sbarca in America" :
"Domani è un altro giorno, se ci arrivo".
Se adesso te ne vai
Se adesso, in questo momento, capissi che altre occasioni ti stanno aspettando e che non ti puoi permettere di lasciarle sprecate, io ti capirei. E poi mi metterei a piangere forte.
Se ora, in questo preciso istante, ti rendessi conto che non sappiamo più dirci nulla, io non te ne farei una colpa. E non me ne farei una colpa. Solo, mi metterei a piangere forte.
Se venissi da me fra poco, fra pochissimo e mi dicessi "io ora me ne vado", penserei che in fondo sono stata già tanto tempo senza di te, e che potrò sopravvivere benissimo. Ma lo stesso mi metterei a piangere forte.
Lo sappiamo bene, siamo come i gatti noi.
Inaffidabili, solo per chi non riconosce l’istinto. Imprevedibili, solo per chi al buio non ci vede. Incomprensibili, solo per chi si aspetta un ritmo costante che la vita non ha mai.
E i gatti, a volte, decidono di andare via.
Quindi, se tu ora decidi di andartene, come un gatto, io come un gatto morirò sei volte per rinascere la settima e godermela fino in fondo. Ma prima, mi metterò a piangere molto forte.
Cromatismi e Cromagnon
- Ancora? ma se te l’ho spiegato mille volte…
- Sì, lo so, l’hai letto su Focus: gli uomini non distinguono le sfumature di verde. Il verde menta, il verde salvia, il verde pisello, il verde prato, il verde muschio nella vostra percezione si equivalgono.
- Oh, brava, l’hai capito. E allora?
- E allora, qui non stiamo proprio parlando di verde!
- Maddài! Sei pesante! L’incrocio era libero, la visibilità ottima, e il semaforo era appena appena diventato giallo!
- Ma lascia perdere come guidi! Non è nemeno questo! E poi, quello che tu ti ostini a chiamare giallo del semaforo è in realtà arancione. A-ran-cio-ne, a-r-a-n-c-i-o-n-e! Ti dice nulla?
- ‘Mboh…
- Eppure è stata un’idea tua, Spad! "Perchè all’aperitivo per riconoscerci non portiamo ognuno qualcosa di arancione? La cravatta, un fiocco, un libro, un’arancia…" Cariiino! Bell’idea clap clap! Peccato che adesso che mi hai fatto indossare questa fascia per i capelli che nemmeno negli anni ottanta, mi fai pure fare la figura della gioppina! Perchè tu non hai niente di arancione addosso? Eh?
- Come no?!? Guarda bene…
- Allora: giacca grigia, camicia azzurra, cravatta rossa, pantaloni neri… ma che, ti sei vestito al buio?… calzini: ovviamete bianchi, libro viola in tasca, marsupio giallino, scarpe marroni, nastro-appendi-chiavi fucsia… Niente di arancione!
- E invece sì, eheh…
- No! Non mi dire che… non avrai mica messo queste spero! E non avrai mica intenzione di mostrarle?!?
- Mannò! Dai , guarda bene…
- Dove?
- Questo…
- Il cocktail?
- Eheh, dai, quanto sono avanti?
- Ma… Spad… è un cubalibre!
- …
- Parliamone, ma sei davvero daltonico?
- …
- …
- … vabbè… arancione scuro?
Per il come, il dove e soprattutto il perchè chiedete a lui, a lui oppure a lui.